: ANNO DELLE MONTAGNE

Il documento dell'UNCEM - Cpsa sarà della montagna? - Il riscatto della montagna- La grande chanche dei montanari - Un nuovo progetto per la montagna - La vertenza montagna - Il riordino is




IL DOCUMENTO DELL'UNCEM

Quest'anno
é l'anno internazionale della montagna.

Pensiamo utile riproporre, data la straordinaria ampiezza, solo
alcuni passi essenziali del documento programmatico per il
Quinquennio 2000-2005
approvato lo scorso anno dal
Consiglio Nazionale dell'UNCEM
- Unione Nazionale Comuni
Enti Montani - all'inizio del nuovo mandato dei suoi organi.


COSA SARA' DELLA
MONTAGNA?


Cosa sarà della montagna?

Dare una risposta, e una risposta che sia corrispondente alle
speranze, alle ansie e alle aspettative di chi in montagna
quotidianamente opera è l'obiettivo

Un compito certamente non semplice, ma ineludibile se vogliamo
che la montagna sia all'altezza dei tempi nuovi che stiamo
vivendo, e sappia cogliere le opportunità date dalle profonde
trasformazioni economiche e sociali attualmente in corso.

Popolata da tempi antichissimi, la montagna italiana ha
rappresentato per secoli un mondo a sé stante, dando origine ad
una vera e propria civiltà dalle caratteristiche ben definite e
diverse da quelle del piano, le cui tracce sono ancor oggi
visibili: agglomerati urbani, espressioni e produzioni
artistiche, tradizioni popolari, antichi regolamenti, concetti
di autonomie amministrative comunitarie testimoniano un passato
fiorente o comunque valido ed autosufficiente in un determinato
tipo di economia, quella "chiusa" del mondo pre-industriale.

La crisi della montagna comincia col superamento di questo tipo
di economia ed esplode, in un equilibrio già precario,
proporzionalmente allo sviluppo della società industriale e
fordista, che partendo dall'assunto della localizzazione e della
concentrazione dei fattori della produzione assegna ai centri
urbani il ruolo di ganglio propulsore di vita, di raggruppamento
e di sviluppo umano

Eppure, mai come oggi la civiltà montanara, evolutasi nel corso
dei secoli in maniera fluente e specifica assumendo una propria
connotazione, ha di fronte ha sé uno scenario di riscatto. Essa
è stata messa a dura prova dalla evoluzione del modello urbano
di società: la rottura dell'equilibrio tradizionale montano
determinata dall'arrivo della "seconda ondata" - la rivoluzione
industriale- ha dato vita ad una nuova realtà sociale, composita
e articolata, nella quale convivono gli elementi del passato
(l'autonomismo e il legame con le proprie radici) e quelli del
futuro (le nuove capacità organizzative ed imprenditoriali,
l'accesso agli strumenti del sapere).

Questa nuova realtà può oggi vincere la sfida che i due grandi
fenomeni del nuovo millennio - la globalizzazione dei rapporti e
la mondializzazione dell'economia - pongono al modello di
società scaturito dalla rivoluzione industriale.


IL RISCATTO DELLA
MONTAGNA


 Con quale spirito i montanari si accingono ad entrare in questa
nuova realtà? Con quello dei volenti o quello dei nolenti? Degli
entusiastici o degli scettici? Degli speranzosi o dei
preoccupati? Degli informati o degli ignoranti? Dei coinvolti o
degli assenti? Dei conservatori o degli innovatori? Dei decisori
o dei sudditi? Degli attori partecipi o degli spettatori
passivi? Dei costruttori o dei fruitori?

Siamo convinti che la nuova società nella quale entriamo possa
essere quella del riscatto montanaro, che si scrolla dalle
spalle le tossine di un modello di società urbana impostagli
dall’industrializzazione che non era figlio della propria storia
e della propria cultura e che si guarda dall’assimilare altri, e
diversi, modelli di società che siano estranei dalla propria
tradizione storica e culturale e dal proprio orizzonte
prospettico.

Sappiamo che l’avvento della società dell’informazione
postindustriale è un evento rivoluzionario in quanto non
rappresenta un’ evoluzione del vecchio paradigma sociale sotteso
alla "società della macchina" (che ha portato alla
massificazione dei popoli, all’alienazione degli individui e
all’omogeneizzazione dei prodotti), bensì si propone come un
nuovo paradigma per molti versi incompatibile con il precedente,
e per ciò stesso portatore di un nuovo modello di
organizzazione.


LA GRANDE CHANCHE
DEI MONTANARI


Di qui la grande chance per la montagna e per i montanari:
governare questo nuovo modello organizzativo, senza considerarlo
apoditticamente "migliore", ma per dare una chiave di lettura,
di comprensione e di strutturazione socio-politica più consona
ai nuovi equilibri che si vanno via via formando, e dai quali la
montagna non solo non vuole essere esclusa, ma al contrario
vuole essere partecipe per ottenere il proprio riscatto.

Se la nostra epoca è dunque contrassegnata da un nuovo, grande
passaggio storico conseguente alla trasmissione della memoria e
al recupero dell’informazione tramite i processi informatici e
telematici, allora l’informazione stessa diventa perciò stesso
la nuova ricchezza, il nuovo mercato, il nuovo lavoro, il nuovo
potere, il nuovo sviluppo. Introdotta nelle case con la
telematica, diventa anche la forma alternativa di
socializzazione del modo di vivere degli uomini. Ma a sua volta
essa può generare nuove povertà, non dovute alla mancanza di
beni materiali, ma dall’esclusione dai circuiti informativi. Non
vogliamo che ciò accada per la montagna italiana, che ha già
sperimentato e sperimenta la messa ai margini in molte altre
circostanze sociali, economiche e politiche.

E tutto ciò si trasferisce sul piano complessivo, dando vita ai
fenomeni solo apparentemente contraddittori ma in realtà
intimamente connessi come facce della stessa medaglia della
globalizzazione e del localismo, al punto tale che ormai più
d’uno parla della nostra società come la società del "glocal",
il globale unito al locale.


UN NUOVO PROGETTO
PER LA MONTAGNA ITALIANA


Se tutto quello cui stiamo assistendo non è un semplice cambio
di marcia, un’accelerazione superficiale dei ritmi intrinseci
allo stesso processo di evoluzione storica, ma è qualcosa di più
e di più complesso, allora occorre un forte progetto, politico e
civile, per far sì non solo che la montagna italiana e i suoi
abitanti non vengano esclusi da tale evoluzione, ma che entrando
in questa evoluzione e gestendola giungano al pieno riscatto di
sé.

LA VERTENZA MONTAGNA
La politica della montagna e per la
montagna è chiamata oggi ad una profonda riconsiderazione
culturale, economica, territoriale e istituzionale della
funzione, delle relazioni e opportunità del mondo montano entro
i grandi mutamenti che vedono l’accelerazione dei processi di
integrazione, su scale via via più ampie, della economia e della
società internazionale.


In tale ambito, è necessario sollecitare il Governo a modificare
le condizioni oggi poste per i gestori dei servizi, tenuto conto
della specificità delle condizioni della montagna che richiedono
la loro ineludibile salvaguardia. Nel contempo occorre
sensibilizzare gli amministratori locali ad adeguare i propri
atteggiamenti rispetto al problema della necessaria
remunerazione dei servizi medesimi e della loro
diversificazione.


In questa prospettiva ravvicinata, da tradurre in concrete
scelte finanziarie e normative, diviene decisivo procedere ad un
efficace e impegnativo risanamento e riordino territoriale,
puntando su una forte aggregazione delle comunità locali, più
deboli e marginali, che rappresentano nel loro insieme un
tessuto umano, sociale e produttivo indispensabile per la salute
e la difesa del suolo regionale e nazionale e quindi anche per
tutte le aree urbanizzate e di pianura.


IL RIORDINO
ISTITUZIONALE

A questi traguardi strategici deve
corrispondere un coerente e funzionale riordino istituzionale,
dove l’autogoverno della montagna sia posto - anche nella
riforma della Costituzione e nella legislazione autonomistica di
principio - nelle condizioni di concorrere in maniera attiva
alla sua funzione di sostegno al "sistema Italia", garantendo
vitali insediamenti umani, diffusi in tutte le zone di altura.
Funzione che è determinante perché le comunità regionali e
nazionali siano in grado di fronteggiare con efficacia il
confronto e la competizione con altri sistemi territoriali.


IL RILANCIO
ECONOMICO-PRODUTTIVO DELLA MONTAGNA

La ragione stessa di vita dell’UNCEM non è
tanto costituita dalla sua capacità (peraltro sempre ben
espressa da tutte le articolazioni e le componenti dell’Unione)
di rappresentanza sindacale ed associativa degli Enti affiliati,
quanto dalla capacità di produrre indirizzi e strategie per il
rilancio della funzione economico-produttiva ed
economico-ambientale.

Per tale ragione, nella nuova fase temporale che si è aperta
l’UNCEM insisterà con grande forza sulla funzione economica, in
quanto premessa di ogni operazione di rilancio socio-culturale e
perché elemento che collega, in positivo, l’interesse
particolare delle popolazioni montane con gli interessi generali
del Paese, il quale ha bisogno di spazi per la crescita
dell’occupazione, del Pil e dei consumi. Anche la funzione
ambientale, quindi, non deve essere vista a prescindere dalla
sua valenza economica. L’ambiente è
una risorsa scarsa e compromessa che richiede mezzi per essere
difesa e potenziata.

Essa va tutelata e valorizzata suscitando e sostenendo una più
forte e generalizzata cultura per la preservazione ambientale,
sia in termini di conseguimento di adeguati livelli di qualità
della vita, che promuovendo il migliore utilizzo sostenibile
delle sue risorse naturali ed in particolare delle filiere
produttive di maggiore pregio e caratterizzazione in montagna.

Occorre pertanto modificare il percorso, e individuare nuovi
sentieri.



I PUNTI-CHIAVE


L’UNCEM ritiene che per lo sviluppo della base
produttivo-finanziaria della realtà montana occorra operare in
tre direzioni, e chiamerà su questo tema Governo, Parlamento e
Regioni a fornire adeguate risposte:

perseguire tutti gli obiettivi
individuati dalla legge 97/94, in particolare per la parte che
prevede la "proprietà di risorse", come prodotti della pesca,
della caccia, del sottobosco, i marchi di qualità –che non
debbono essere più ostacolati da ottuse burocrazie- e la vendita
di prodotti certificati, il turismo, l’agricoltura, le filiere
del legno, ecc.

prevedere controvalori specifici
per il "rilascio" di risorse autoctone della montagna.
Fondamentale, a tale proposito, applicare sino in fondo e anche
in altri campi il corrispettivo sul valore finale del prodotto
"acqua" consentito dall’applicazione della legge 36/94 (legge
"Galli")

istituire forme di compensazione
che prevedano la possibilità di prelevare anche a favore della
montagna ragionevoli percentuali sui frutti delle infrastrutture
che ne utilizzano il territorio: autostrade, grandi impianti
industriali, elettrodotti e gasdotti, scali ferroviari

vincolare annualmente una quota
delle risorse che Stato e Regioni stanzieranno nel campo del
riassetto idrogeologico a favore di un "Piano straordinario di
manutenzione ordinaria dei versanti montani" scansionato negli
anni con tempi e risorse certe, come premessa essenziale al
riavvio economico-produttivo della montagna italiana.


LE RISORSE


Nelle comunità "deboli" le risorse si vendono; nelle comunità
più forti si investono. Si pensi all’uso delle materie prime nei
Paesi in via di sviluppo (da cui si esportano) e nei Paesi
industrializzati (nei quali si importano e si impiegano).
Bisogna perciò ricavare dalle risorse montane (acqua, ambiente e
paesaggio, legno, sasso, ecc.) non tanto e non solo dei
corrispettivi in soldi, quanto delle basi di sviluppo. In
associazione, se del caso, con soggetti esterni detentori di
capacità tecnico-finanziarie non presenti sul territorio
montano, ed indispensabili per l’innesco e la gestione corretta
del processo di mantenimento del valore aggiunto di ogni singola
risorsa sul territorio di produzione. In questo senso, grande
ruolo può essere svolto dalle Fondazioni Bancarie così come
scaturite dalla riforma della legge 461/1998, le cui
disponibilità finanziarie possono essere un’ occasione
importante per creare opportunità, attività e sviluppo nelle
aree di montagna.


L'IDENTITA'


Va infine riproposto, nel campo del rilancio
economico-produttivo, il tema dell’identità. La legge sulla
montagna, in tal senso, ne prevede gli strumenti. Dietro ogni
grande affermazione sociale, infatti, c’è una forte senso di
identità (da quella del terzo stato, a quello della classe
operaia fino a giungere all’identità dei "sciur Brambilla" su
cui si è innestata l’esplosione della micro-impresa nel nostro
Paese). Ricostruire un senso vero di identità dei montanari,
ridare loro dignità è l’indispensabile premessa culturale per
costruire battaglie ed azioni di sviluppo. Infatti, la
consapevolezza dell’appartenenza ad un territorio ed il senso
della identità sociale nel nuovo contesto globale descritto in
precedenza sono elementi di ricchezza e di riconoscimento
effettivo della comunità locale da cui deve tratte ispirazione e
forza l’azione amministrativa.


E ANCORA


Va inoltre sottolineato e promosso il ruolo della ricerca
scientifica in montagna, cogliendo appieno il rilievo che tale
tematica comporta per la montagna in relazione alle
problematiche economiche e finanziarie e alle nuove tecnologie
della comunicazione. E’ quindi importante il coinvolgimento
dell’UNCEM con l’INRM (Istituto nazionale per la ricerca
scientifica e tecnologica sulla montagna), con le Università,
con gli Istituti di ricerca privati e con tutti i soggetti
impegnati nella ricerca scientifica.

Non può essere sottaciuta anche l’esigenza di un recupero
adeguato della politica delle pari opportunità, che permetta di
conseguire un sempre più forte diritto alla cittadinanza
montanara, con ciò contribuendo ad accrescere e preservare quel
processo identitario basato sulla cultura del lavoro e
sull’utilizzo della specificità delle risorse della montagna.

In tal senso, appare sempre più di evidenza la necessità di
prevedere ordinamenti differenziati per il territorio montano
nell’ambito della produzione legislativa del Governo e del
Parlamento, e in ogni caso di prevedere che ogni provvedimento
legislativo venga approfondito e valutato anche sotto il profilo
del suo impatto sul territorio montano italiano.


GLI OBIETTIVI DI
SCALA REGIONALE


Noi siamo quindi per un federalismo autonomistico su base
regionale, incentrato sulla ripartizione non delle funzioni, ma
della "sovranità" fra lo Stato e le Regioni, perché solo con una
grande trasmigrazione di sovranità tra vertice statale e
territori si può moltiplicare quell’azione propulsiva in favore
dello sviluppo locale, all’insegna del principio di
sussidiarietà.

Non vogliamo però che ad una concezione piramidale, gerarchica e
verticistica dello Stato nazionale si sostituisca un analogo
modello regionale con un capoluogo di regione al vertice in
luogo della capitale d’Italia. Piuttosto, chiediamo che nel
ridisegno della mappa del potere si riconoscano le prime
comunità di base come cellule fondamentali del nuovo ordinamento
della Repubblica.


L'ORGOGLIO DELLE
ORIGINI


Siamo convinti, alla luce di quanto sinora esposto, che la
montagna potrà svolgere un ruolo strategico per il futuro e
riscattarsi dal recente passato costruendosi un nuovo futuro
affermando il proprio modello specifico di crescita, nella
consapevolezza che così facendo si svolgerà un servizio per
l’intera collettività.

Per farlo deve uscire dalla rassegnazione, deve prendere
coscienza di sé, recuperare l’orgoglio delle sue antiche
origini
, riaffermare con forza le sue ragioni. Vogliamo
uscire dalla sudditanza di un mondo che ha dovuto cedere alle
classi egemoni, ma che non si è mai rassegnato ad essere un
mondo dei vinti. E che può tornare ad essere un mondo dei
vincenti, capace di indicare-con la saggezza dei principi
scritti nel suo codice genetico- la strada di un nuovo sviluppo.
I montanari italiani sapranno vincere la sfida della modernità
se sapranno essere sé stessi fino in fondo, valorizzando le
proprie peculiarità e imboccando strategie di sviluppo
specifiche e coerenti con le proprie tradizioni e le proprie
risorse.
Parlare con il linguaggio della modernità, riflettendo
secondo i canoni della tradizione: è questa, in fondo, la
condizione che ci consentirà di vincere la sfida.
Red

OC-GdS11: altre. Perché farla fermare? Fate segno che passi. Voi passerete dopo).

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