FRANA DELLA VAL POLA – ANALISI DI UNA GRANDE FRANA ALPINA CHE HA CANCELLATO UN PAESE

Seconda nota inviata al quotidiano “La Provincia di Sondrio” e pubblicata venerdì 22:

Per i lettori che non avessero letto la prima puntata dedicata alla frana di Spriana preciso che il mio duplice intervento è conseguente alla lettera di Contini che si chiedeva se Spriana e Val Pola non fossero due “bufale”. Intervento, come scritto ieri, non da uomo della strada ma da protagonista per i ruoli ricoperti nei momenti cruciali.

Premessa. La calamità iniziò sabato pomeriggio 18 luglio 1987 con un crescendo spaventoso. Molti in ferie, in Prefettura la sera (le notte, il giorno dopo, la sera dopo, senza due minuti di sonno) c’erano il Capo di Gabinetto dr. Fallica – eccezionale! – il sottoscritto Presidente del BIM, i radioamatori Bonvini e Sala. Teneva i collegamenti con il Comune l’ass. Calcinardi. Zamberletti era partito da Roma ma volevano fare base a Morbegno. Convinsi il Ministero che si poteva arrivare a Sondrio, via Cek-Ponte del Baffo-Valeriana, sia pure qui con mezzo metro d’acqua. Alle tre piombò il Ministro Zamberletti, amico di lunga data dei valtellinese e mio personale. Con lui Marchini, Presidente della Provincia recuperato a Morbegno e lo staff. Iniziò lì la mia esperienza. Marchini era sul campo, i Sindaci pure, convenimmo che io, come Presidente BIM, sarei stato fisso in Prefettura come riferimento dei locali per il Ministro, lo staff, il generale Muraro, il Prefetto Gomez ecc. Importante questo aspetto perché ebbi modo di seguire tutto, passo passo, comprese le cose più delicate come ebbi a testimoniare, su importanti aspetti tecnici e per quasi un’ora, in un processo a Milano per la Val Pola. Arrivo al dunque, saltando il periodo che va fino alla tracimazione e subito dopo.

Si poneva il problema degli interventi, in particolare per quanto riguarda l’Alta Valle, ma non solo.

C’era ovviamente un grandissimo interesse di tutto il mondo imprenditoriale italiano, come del resto testimoniavano, ad abundantiam, le centinaia di ruspe, anche gigantesche, parcheggiate in giro per la valle e speranzose – più di loro i proprietari – di mettersi in azione. Avevamo due interessi: il primo di interventi adeguati e appropriati a salvaguardia delle nostre comunità, persone e cose; il secondo la trasparenza perché qui il costume amministrativo, se Dio vuole, era quello “valtellinese”, non quello tangentopolitano. Nelle diverse sedi, Governo e Parlamento, Regione, incontri in provincia, ci si comportava secondo questa linea ma sfuggiva un elemento che già in occasione della tracimazione era emerso in tutta evidenza: l’impostazione tecnica e scientifica con le diverse linee difficili da giudicare. Venne all’on. Tarabini l’idea di sentire l’ing. Noé, già senatore, grande tecnico, persona stimatissima anche in Europa, già commissario per Severo, in quel momento Vicepresidente dell’ENEA. Ne parlammo, definimmo, e demmo al BIM l’incarico all’équipe, di altissimo livello e con collaborazioni “super”, di vedere il da farsi in primis per la Val Pola ma poi anche per il resto (strappammo anche la presenza nel Comitato scientifico a Milano, presenza che fu determinante per alcune scelte di fondo). Fu scelta indovinata. Senza entrare in una serie di dettagli per ragioni di spazio, vado all’evento importante di cui parlò la stampa nazionale: la presentazione a Sondrio del progetto di sistemazione della Val Pola da parte di una grande impresa nazionale. Presenti il Ministro Gaspari, succeduto a Zamberletti, Presidente, amministratore delegato e Gotha della società, venne presentato a Sondrio il progetto di sistemazione della Val Pola, previsto anche il monumento alle vittime. Il Sole 24 Ore dava anche la previsione finanziaria, 1000 miliardi, e una battuta di un funzionario della società da me involontariamente colta, aveva aggiunto “iniziali” con la precisazione agli interlocutori che quanto necessario comunque non sarebbe mancato.

Un disegno, avanzato, difficilissimo da contrastare ma che dovevamo contrastare perché avevamo mille problemi e non potevamo assistere al prosciugamento delle risorse disponibili per un solo intervento. L’équipe si mise, intensamente, al lavoro con frequenti briefing a Sondrio o Milano, sopralluoghi approfonditi, campagne di rilevazione geologica ecc. pervenendo infine ad un progetto d’area. Il concetto-base era quello di rimettere in sicurezza la zona sostanzialmente facendo in poco tempo quel lavoro che altrimenti la natura avrebbe fatto in centinaia d’anni. La natura non avrebbe però potuto, salvo eventi parossistici, sistemare il lato valle, quello per il quale venivano avanti “autorevoli” progetti per far passare l’Adda in galleria, cosa che non avviene in nessuna parte del mondo. Senza entrare anche qui in dettagli oltre alla bontà e qualità del progetto Noé esso aveva un merito fondamentale: quello di costituire un’alternativa reale, concreta, tecnicamente ineccepibile al maxi-progetto di cui si è parlato e con un costo massimo di 120 miliardi di lire rispetti ai 1000 (“iniziali”). Lo presentammo al Presidente della Regione Provenzana portandolo al protocollo esigendo una ricevuta che non ci davano. E quando il prof. Lancellotta, Politecnico di Torino e autorevolissimo membro della nostra équipe mi chiamò dal Comitato Scientifico perché c’era solo un progetto e del nostro non sapeva niente nessuno risposi di dire che partivo per Milano con la ricevuta ma non per la sede del Comitato bensì per la Procura della Repubblica. D’incanto il progetto venne fuori e fu la tomba di quello scialacquatore di risorse.

Il progetto della società incaricata dalla Regione nella quale era confluito – non prendemmo per niente bene la cosa - un cattedratico che aveva fatto parte dell’équipe Noé ricalcò le linee del nostro e poi di conseguenza venne quello oggi sul tavolo per l’appalto. Un progetto quanto mai opportuno, anzi, se abitassi a Sondalo e paraggi, Grosso e via dicendo, indispensabile.

Conclusioni

1) Spriana. S’è detto della bassa probabilità di collasso della frana che potrebbe continuare i suoi spostamenti per 1000 anni e più, ma dell’alto rischio per Sondrio se l’evento si producesse. La combinazione dei due fattori è tale da giustificare il by-pass. Questi lavori, a mio parere, e non altri ipotizzati con scenari – si veda il modello ISMES – che razionalmente non possono essere suscettibili di traduzione in opere. C’è da sperare che siano lavori che non servano, così come per tanti interventi di prevenzione idrogeologica. Un po’ come l’assicurazione sulla vita, o sui furti, o sugli incendi, che si fanno sperando però di buttare via i soldi. Se capita infatti… Un by-pass dunque tale da tranquillizzare i cittadini.

2) Val Pola. S’è detto delle ragioni per cui non risulta opportuno lasciare le cose come stanno affidando alla spontaneità la rinaturalizzazione dei versanti e del fondo valle dopo il gigantesco trauma subito dalla montagna. Si è ricordato come si sia riusciti a ricondurre il problema in dimensioni accettabili rispetto all’enorme esborso di pubblico denaro che senza il nostro intervento si sarebbe verificato. I lavori programmati risultano sulla linea allora definita dall’équipe Noè-BIM, meglio dallo straordinario ed efficacissimo lavoro dell’équipe Noè-BIM oltre a tutto, al di là della qualità e dell’impegno profuso, costato un’inezia grazie alla serietà e professionalità di tutto lo staff.

Credo di poter quindi serenamente concludere che anche in questo caso non si tratta di “una bufala”.

Alberto Frizziero

PS Ripeto, come scritto nella prima puntata, che è talmente tanto il materiale che ho fatto stringate sintesi. Se qualcuno però organizzasse un dibattito in argomento sarei disponibile ad intervenire a tutto campo e su tutti gli aspetti sia di Spriana che della Val Pola.

Alberto Frizziero
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