4 10 L'AQUILA, MARTEDÌ 6 APRILE 2010. UN ANNO SENZA

Avrei voluto addormentarmi ieri e svegliarmi domani, forse perchè fondamentalmente non mi piace un granchè soffrire. Specie, poi, quando la sofferenza non la si può soccorrere con nessuna benda, perchè ti sanguina una regione interiore, inarrivabile, inaccessibile alle cure normali. Ma a volte non si può fare a meno di soffrire. E' anche un atto di giustizia verso molti.

E' passato un anno da quelle 3 e 32 del 6 aprile 2009, ma impresso nella mia memoria ho ancora il tanfo della polvere, il senso di precarietà e l'apnea dei volti che ho rivisto tumefatti qualche ora dopo nelle loro bare. Una manciata di secondi e niente è rimasto come prima, tutto è cambiato inesorabilmente, contro ogni nostra volontà. Ricordo il colore della luna che si affacciava in piazza duomo quando stretti uno accanto all'altro continuavamo a tremare perchè il terremoto non aveva ancora finito il suo lavoro. Ricordo la solitudine che mi circondò qualche ora dopo, quando tutti cercavano un rifugio al sicuro e io non riuscivo ad andare via dai quei vicoli, da quelle piazze, da quei luoghi ormai a me familiari e cari. Lo feci verso mezzogiorno, solo, e piansi da piazza duomo sino alla caserma Pasquali, a piedi, con un borsone pieno di cose inutili. Il sole sorgendo ci diede la misura dei danni, ma lo intuivamo anche di notte, quando le urla delle gente sotto le macerie ci raccontava di una tragedia ancora tutta da scoprire e quantificare. Quel giorno, in realtà, non è mai finito, non ha mai avuto veramente una sera, perchè la sera, solitamente la gente torna alle proprie case, noi non siamo più tornati a casa nostra. Abbiamo cominciato un lungo pellegrinaggio "tra le nuvole e il mare", come cantò qualcuno qualche settimana più tardi, tra le montagne del Gran Sasso e il mare Adriatico. Mentre scrivo mi riaffiorano davanti agli occhi i lunghi giorni di esilio, tra tende, case prestate, e paesi limitrofi. Ma mi tornano davanti agli occhi anche le mani e gli sguardi di tante persone che ci hanno dato il cuore, il tempo e le loro cose.

Ho perso molti amici, molte famiglie, molti figli, molti padri, molte madri. Mi sono sempre sentito un tutt'uno con questa gente che ho servito. Ma ho avuto anche subito la fortuna di raccontare, di notificare, di sfogare quel groviglio complesso che ti crea il dolore misto alla rabbia. Ma la fede? Che fine ha fatto la mia fede? In realtà è morta, o meglio è morta quella parte della fede che assomiglia alle favole, ai racconti romantici ed edificanti di certe storie. La mia fede è diventata rudemente vera, concreta, semplice, essenziale. Ho finalmente alzato lo sguardo ed ho visto l'orrore della croce senza nessun filtro. Ma non sono scappato, sono rimasto lì sotto quella croce e ho cominciato a guardare tutto attraverso le ferite di quel dolore. La vita guardata attraverso il dolore che hai vissuto ha un colore diverso, più intenso, più vero. Se trovi il coraggio di asciugarti le lacrime, di fare un pò di silenzio e di tornare a guardare la realtà, tutto è diverso, meno comprensibile, meno prevedibile ma più traboccante di senso. E' questa la grande lezione di quest'anno senza L'Aquila, senza Filippo, Ilaria, Carmine, Mariagrazia, Lucia e tanti altri...La vita non è aritmetica, non è calcolo, è imprevisto. Ma non dobbiamo avere paura. Nessun imrpevisto è abbastanza grande da toglierci l'essenziale. L'amore che ci unisce, specie con quelli che non vediamo accanto a noi e che erroneamente pensiamo prigionieri in qualche loculo, non è soggetto a danni sismici, a crolli devastanti. L'amore è un filo sottile che attraversa anche la nebbia che c'abbiamo attorno e seppur nel buio ci ricorda che non siamo soli, mai. Non è indietro che dobbiamo cercare, ma avanti, avanti...Il dolore molto spesso ci inganna, ci suggerisce di cercare nella memoria c'ho che abbiamo perduto. In realtà bisogna cercare nella realtà di adesso, in quella che ci sta davanti ora. Dobbiamo investire nel presente, perchè solo il presente ci unisce al domani dove ci sarà ridato quello che oggi abbiamo perduto.

Non dobbiamo avere paura, mai...

luigimariaepicoco@gmail.com - Da Paola Maschio

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